Most Wanted Terrorists: chi sono i ricercati più pericolosi al mondo?

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Dal 2001, l’FBI degli Stati Uniti tiene conto di tutti quei terroristi che, in via eventuale, potrebbero rappresentare un serio rischio per la sicurezza americana. Chi sono costoro, e perché sono così pericolosi?

“Non importa quanto tempo ci vorrà, non importa dove vi nascondiate: se voi minacciate il nostro paese, gli Stati Uniti vi troveranno e vi elimineranno”. Con queste parole, il presidente USA Joe Biden aveva annunciato il successo dell’operazione speciale che nel 2022 ha eliminato il leader di Al Qaida, l’ex braccio destro di Bin Laden: Ayman al-Zawahiri. 

La dipartita di Al-Zawahiri ha liberato un posto nell’esclusivo club dei Most Wanted Terrorists, una lista pubblica redatta dall’FBI che tiene conto dei latitanti e sospettati più pericolosi per la sicurezza nazionale americana. La prima lista, stilata nel 2001, contava 22 nomi di sospetti terroristi – coinvolti in attentati tra il 1985 e il 1998 – che ancora non erano stati arrestati. 

Tra i nomi più famosi figuravano Bin Laden e Al-Zawahiri, inseriti per il loro coinvolgimento negli attacchi alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania nel 1998. Poi, compariva il libanese Imad Mughniyev di Hezbollah, e altri ricercati erano responsabili dell’attentato alle Khobar Towers, in Arabia Saudita. Infine, faceva capolino Abdul Rahman Yasin, reo di aver commesso un attentato al World Trade Center già nel 1993. 

Ora, l’FBI stilava una lista di ricercati tra sospetti e latitanti dal 1985, ma stavolta era diverso. I poster tappezzano gli edifici pubblici, ma di certo un comune cittadino americano non poteva dire di aver visto Osama Bin Laden alla fermata della metro. I terroristi, infatti, si nascondevano nei cosiddetti Stati canaglia, dove erano le istituzioni a coprirli. La lista dei Most Wanted Terrorists, allora, era redatta principalmente a scopi politici. 

Innanzitutto, questa lista nasceva sull’onda emotiva dell’attentato dell’11 settembre. Tuttavia, per gli Stati Uniti era importante non mostrarsi vendicativi e non demonizzare eccessivamente Bin Laden, mossa che avrebbe al contrario esaltato ancora di più la sua figura, fornendo nuova linfa vitale alle organizzazioni terroristiche. Inserire Bin Laden nella lista, dunque, aveva l’obiettivo di sminuire la mostruosità e la grandezza del personaggio. 

Anche gli altri 21 ceffi erano considerati – dal punto di vista legale – dei semplici criminali. Difatti, a ricercarli era l’FBI, autorizzata a operare unicamente all’interno del territorio nazionale. Come conseguenza, gli Stati Uniti trasformarono i terroristi in una questione di sicurezza nazionale. Nella maggior parte dei casi, però, l’FBI non ha mosso un dito, perché 11 di quei 22 terroristi sono stati uccisi in raid militari, o addirittura da servizi segreti stranieri. 

Oggi, gli individui ancora in fuga sono rimasti in 7. Tuttavia, la lista dei Most Wanted Terrorists, nel tempo, si è espansa arrivando a contare – attualmente – 17 persone in più, per un totale di 24 ricercati. Tra i nuovi membri spiccano i soliti membri di Hezbollah e Al Qaeda fino ai somali di al-Shabaab, ai filippini di Abu Sayyaf, e ai palestinesi del Palestinian Islamic Jihad. 

A sorpresa, compaiono due casi un po’ diversi rispetto a quelli descritti sinora. Il primo nome è quello di Joanne Deborah Chesimard, alias Assata Shakur, nella lista solo dal 2013, nonostante i fatti che la riguardano risalgano agli anni 70. Chesimard, infatti, faceva parte del Black Liberation Army. 

Nel ‘73, con alle spalle già diversi precedenti e mandati di cattura, uccise un agente di polizia. Arrestata nel ‘77 fu condannata all’ergastolo, ma evase nel ‘79 grazie alla complicità dell’attivista italiana Silvia Baraldini. Nell’84 fu accolta a braccia aperte da Fidel Castro, a Cuba, dove risiederebbe tutt’oggi. 

Ora, questa donna ha 70 anni, è imparentata con quel Tupac Shakur e, effettivamente, ha fatto parte di un gruppo paramilitare eversivo considerato una minaccia interna per via dei diversi attentati commessi nei confronti dei rappresentanti della legge. Se dunque il suo inserimento nella lista dei Most Wanted non è una misura estrema, lo è probabilmente la definizione di terrorista per tale Daniel Andreas San Diego. 

Fino al 2003, San Diego, fino al 2003 era considerato un tranquillo esperto informatico, vegano e ammiratore della cultura Straight Edge che, per sintetizzare, prevede astinenza da droghe, fumo, alcol e sesso occasionale. Tuttavia, si sospettava che San Diego avesse legami con il gruppo animalista Stop Huntingdon Animal Cruelty. 

In breve, nell’agosto e nel settembre del 2003, il gruppo animalista fece esplodere due ordigni artigianali – che non causarono alcuna vittima o ferito – di fronte alla Chiron Corporation e alla Shaklee Corporation, entrambe multinazionali attive nel campo della biotecnologia. Queste ultime erano ritenute colpevoli di aver stretto rapporti con la Huntingdon Life Sciences, compagnia nota per i suoi esperimenti su animali e cuccioli di cane. 

L’FBI sospettò subito il coinvolgimento di San Diego, che fu messo sotto sorveglianza per 24 ore. San Diego, però, se ne accorse. Il 6 ottobre 2003 parcheggiò la sua auto nei sobborghi di San Francisco, e da allora nessuno lo vide più. Che quest’uomo possa essere paragonato a un qualsiasi Osama Bin Laden, è opinabile. Tuttavia, parafrasando una famosa citazione di un famoso film horror: “Bene, sono io l’FBI. Allora, so già cosa fare”.