L’uomo che vuole liberare l’Africa dall’Occidente. Sarà vero?

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Il 30 settembre 2022, in seguito a un colpo di Stato, Ibrahim Traoré è diventato il presidente del Burkina Faso, uno dei paesi più poveri dell’Africa. Osannato come il nuovo Thomas Sankara, Traoré vuole liberare l’Africa dall’Occidente, sconfiggere le truppe jihadiste che infestano il Sahel e arricchire il Burkina Faso, il tutto avvicinandosi alla Russia. Gli ideali basteranno?

Ibrahim Traoré, 35 anni, è un capitano dell’esercito, ed è il presidente più giovane al mondo. O meglio, è un presidente ad interim, perché il 30 settembre 2022 ha marciato su Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, e ha preso il potere con un bel golpe alla saheliana. 

Lo scorso febbraio, la giunta guidata da Traorè ha costretto le truppe francesi ad abbandonare il paese, e ha cessato un patto di assistenza militare stipulato con Parigi nel lontano 1961. A novembre, il capitano ha rinunciato al suo intero stipendio da presidente, assicurando che il Burkina Faso tornerà alle elezioni entro il 2024. Per finire, Traorè supporta i militari al potere in Niger, ed è pronto a intervenire in loro difesa se le cose dovessero mettersi male. 

Il Burkina Faso ospita ben 22 milioni di persone. Benché il 40% della popolazione viva al di sotto della soglia di povertà, il paese dispone di un grande potenziale agricolo, è un esportatore netto di oro e cotone, e gode di riserve minerarie largamente inesplorate. Al contempo, per l’Europa Ouagadougou è un importante tassello geostrategico per combattere lo Stato Islamico nel Sahel e frenare le ambizioni di Russia e Cina, che premono rispettivamente su Mali e Ghana. 

Diverse testate giornalistiche internazionali fanno riferimento a Traoré come il “nuovo Thomas Sankara”, il cosiddetto “Che Guevara Africano” che governò il Burkina Faso dall’83 all’87. Sankara è un gigante della storia burkinabé, ed è lui che modificò il nome della nazione da Alto Volta – la denominazione coloniale francese – a Burkina Faso, letteralmente “la terra degli uomini integri”. 

YouTube e TikTok pullulano di contenuti che comparano i due presidenti, sia in tono analitico che sensazionalistico, tanto da diffondere l’idea che Traoré sia la vera e propria reincarnazione di Sankara, il suo successore spirituale o, nel più eufemistico dei casi, un “Sankara 2.0”. Bisogna ammettere che tra i due c’è una certa affinità.

Traorè è nato nell’88, esattamente un anno dopo l’assassinio di Sankara. Entrambi hanno frequentato la scuola a Bobo-Dioulasso, la seconda città del Burkina Faso – anche se Traoré si è poi laureato in geologia. Entrambi hanno deciso di entrare a far parte dell’esercito in giovane età e, raggiunto il grado di capitano, hanno ottenuto il potere tramite un golpe: Sankara all’età di 33 anni, Traorè a 34. 

Traorè ha scelto come suo primo ministro tale Kyelem de Tambela, giurista e autore marxista molto vicino a Sankara. Il neopresidente parla di rivoluzione, lotta per il popolo, pan-africanismo, imperialismo, neocolonialismo, sfida all’egemonia dell’Occidente e schiavitù, tutti temi cardine della narrativa del defunto leader burkinabé.

Il 23 febbraio 2023, Traoré ha dato una degna sepoltura a Sankara e altri dodici militari morti durante l’attentato del 1987, celebrando una sorta di funerale simbolico. Difatti, all’epoca i corpi erano stati interrati frettolosamente dal successore ed ex-alleato di Sankara, Blaise Compaoré. Compaoré ha governato il Burkina Faso dal ‘87 al 2014, quando una serie di rivolte popolari l’hanno costretto ad auto-esiliarsi in Costa D’Avorio. Nell’aprile del 2022, il dittatore è stato riconosciuto come mandante dell’assassinio di Sankara e condannato all’ergastolo in contumacia. 

Insomma, da dov’è che è uscito, questo Ibrahim Traoré? Nel gennaio 2022, cioè otto mesi prima del colpo di Stato di Traorè, il tenente colonello Paul-Henri Sandaogo Damiba aveva mobilitato l’esercito per deporre il banchiere Roch Marc Christian Kaboré, in carica dal 2015 ed eletto democraticamente, ma ritenuto inefficiente nel gestire l’insurrezione jihadista in Burkina Faso. 

Dal 2015, infatti, le truppe di Al Qaeda e dello Stato Islamico hanno ucciso più di 16mila persone, 8500 nel solo 2022, e ne hanno lasciate senza casa un milione e mezzo. Nel 2022, il numero di attacchi terroristici in Burkina Faso è aumentato del 50%. Nel frattempo, Damiba non ha rotto le relazioni diplomatiche con la Francia – come promesso – e ha richiamato in patria Blaise Compaoré, su cui tuttora pende la condanna all’ergastolo.

Tutto ciò non è andato giù ad alcune frange dell’esercito, tra cui spiccava la cosiddetta Unità Cobra, una forza speciale antiterrorismo, di stanza nel nord del Burkina Faso, fondata nel 2019. Il capo dell’unità, tale Emmanuel Zoungrana, era in prigione, e Damiba aveva promesso ai Cobra che l’avrebbe liberato. Tuttavia, non ha rispettato il patto e, anzi, ha smesso di pagarli. 

A quel punto, è entrato in gioco l’uomo della provvidenza: Ibrahim Traoré. Sebbene non associato ai Cobra, in circa 15 anni di carriera Traoré ha servito prima come artigliere, poi come peacekeeper dell’Onu in Mali, e infine si è distinto per diversi successi riportati sul campo proprio contro le milizie islamiste. Il golpe di settembre si è rivelato una mera formalità, mentre Damiba è fuggito in Togo. 

Sin da subito, anche per via della giovane età, Traoré ha dovuto mostrarsi risoluto e giustificare la sua ascesa davanti alla popolazione. Ricalcando le orme di Sankara, Traoré vuole concentrare i suoi sforzi sull’educazione. Al momento, un minore su quattro in Burkina Faso non può andare a scuola, perché più di 6000 istituti sono fuori servizio a causa della minaccia jihadista. In aggiunta, la povertà dilagante costringe poco meno della metà dei bambini burkinabé a lavorare illegalmente in miniere e campi di cotone. 

A inizio 2023, la giunta militare ha lanciato un cosiddetto “Programma d’imprenditoria comunitaria”, affinché i guadagni dei settori agricolo, tessile e minerario siano ripartiti equamente tra tutta la popolazione. Lo scopo è quello di far nascere delle cosiddette comunità d’affari, cioè progetti nei quali chiunque può investire sperando di ottenere un ritorno economico. 

Non è difficile capire dove Traoré voglia andare a parare. Negli scorsi mesi, Ouagadougou ha costretto la Endeavour Mining, principale compagnia mineraria in Burkina Faso – di proprietà britannica – a vendere allo Stato centinaia di chili d’oro per “necessità pubblica”, senza ulteriori specifiche. 

Con il primo ministro Tambela come ambasciatore, il capitano sta stringendo rapporti con paesi antioccidentali, tra tutti Iran, Nicaragua, Venezuela e Cuba, oltre al vicino Mali, anch’esso fresco di golpe. Inoltre, il governo provvisorio vorrebbe dare avvio a una transizione energetica che possa garantire l’indipendenza al Burkina Faso. 

Per cominciare, Traorè ha dichiarato di voler costruire una centrale nucleare, e l’ha fatto chiedendolo direttamente a Putin. Il 27 e il 28 luglio, Traorè e una delegazione burkinabé hanno partecipato al secondo summit Russia-Africa. In quest’occasione, Sankara ha concluso il suo discorso con la frase “la patrie ou la mort, nous vaincrons”. Si tratta della stessa espressione che Sankara usò nell’84 – come chiusura del suo discorso davanti all’Assemblea Generale dell’Onu. 

Giusto un mese fa, una delegazione russa è arrivata a Ouagadougou per discutere di una possibile alleanza militare con il Burkina Faso. È probabile che il Gruppo Wagner già operi all’interno dei confini nazionali, Traoré ritiene Mosca un alleato strategico, e la sostiene ideologicamente nella sua offensiva contro l’Ucraina. 

Se da una parte Traoré si riempie la bocca con la lotta ai jihadisti, dall’altra dopo il golpe dell’anno scorso gli attacchi terroristici hanno continuato ad aumentare. Secondo le stime dell’African Center for Strategic Studies, a questo ritmo il 2023 potrebbe chiudersi con un incremento del 137% degli attentati su tutto il territorio nazionale, senza contare che non di rado gli interventi dell’esercito fanno strage di civili. Le forze islamiche controllano di fatto il nord-est del Burkina Faso: 800mila persone vivono in 23 città conquistate. 

Chiaramente, il contesto in cui Sankara ha vissuto è diverso da quello che si trova a fronteggiare Traoré. Magari, il paragone tra i due è un po’ romanticizzato. Sankara preferiva una politica di “non-allineamento”, ma Traorè sarà costretto a barattare l’indipendenza con il sostegno della Russia. In questo modo, il Burkina Faso cambierà soltanto padrone. 

A differenza di quanto fatto dal suo ispiratore, Traorè sa bene che non può permettersi di nazionalizzare terre e miniere, né tantomeno di cancellare il debito internazionale. Non a caso, negli ultimi giorni, in un’intervista trasmessa via radio Traorè ha persino ammesso che il Burkina Faso non è nemico del popolo francese. 

Per il momento, il governo provvisorio non ha ottenuto nessun risultato concreto. Per carità, diamogli tempo, dato che – ci perdonerete la malizia – al momento vediamo abbastanza improbabile che nel 2024 verrà reinstaurata la democrazia…a meno di un altro colpo di Stato. Quel che è certo è che, se vuole fare la storia, Traoré non deve emulare Sankara, ma dimostrare con i fatti di poter tirar fuori dall’inferno il suo popolo.