Contrariamente a quanto si possa pensare, il paese più bombardato del mondo non è il Giappone, né il Vietnam, bensì il Laos. Ad oggi, questo piccolo paese asiatico è un campo minato a cielo aperto. Vediamo come tutto ciò è potuto accadere.
Con ben 2 milioni e 260mila tonnellate di bombe sganciate sul suo territorio tra il maggio 1964 e il 26 febbraio 1973, il Laos è il paese più bombardato del mondo. Il sito ufficiale del Guinness World Records, però, si limita ad aggiungere qualche riferimento al Vietnam e niente più. Peccato che sempre lo stesso sito riporti che il responsabile di questi bombardamenti è “sconosciuto”. Come sarebbe a dire? Beh, la mela non cade mai lontana dall’albero.
Quella in Laos è considerata “la guerra segreta degli Stati Uniti”. 580.000 attacchi in nove anni, che si traducono in 300 bombardamenti per 24 ore al giorno, uno ogni 8 minuti. La beffa? Si stima che il 30% degli ordigni sganciati tra il ’64 e il ’73 non sia esploso al momento dell’impatto. Il che vuol dire che circa 80 milioni di bombe – su un totale di 260 milioni – rimasero quiescenti nel terreno. Dal 1973, solamente l’1% del territorio nazionale è stato ripulito.
Facciamo un passo indietro. Cos’è il Laos? Storicamente, questo paese è stato il cugino un po’ sfigato e meno ricco e popolato di Cambogia e Vietnam. Sul finire del 1700, i tre regni allora presenti in Laos divennero vassalli del Siam, che corrisponde all’attuale Thailandia. A pareggiare i conti arrivarono i francesi, che sconfissero il Siam nel 1893 e accorparono il Laos all’Indocina francese. Cinquant’anni più tardi fecero capolino i giapponesi a commettere non pochi crimini contro l’umanità, e i francesi vollero riprendersi il territorio come in Risiko. Risultato? Una bella guerra civile.
Gli sfidanti: la Corona laotiana, divenuta indipendente nel 1954, guidata da neutralisti e filofrancesi, e il Pathet Lao, movimento di ispirazione comunista che aveva imposto il proprio controllo militare nelle aree settentrionali e orientali del paese. Piccola lezione di geografia cosa c’è a nord e a est del Laos? Esatto, il Vietnam. Nello specifico, il Vietnam del Nord, all’epoca un regime comunista guidato dall’incubo di tutti i marines: Ho Chi Minh.
Insomma, il dubbio sorgeva spontaneo: che il Pathet Lao si fosse alleato con il governo di Hanoi? Per Bonnie e Clyde, cioè la CIA e lo Zio Sam, è il momento di scendere in campo. Del resto, era il periodo della Dottrina Truman, altresì detta “scoviamo i comunisti e facciamoli fuori”, e gli Stati Uniti ambivano a bruciare qualsiasi bandiera rossa osasse confutare il magnifico scacchiere internazionale partorito dalla mente della Casa Bianca. Nel caso del Laos, però, la strada non era affatto semplice.
Il Laos si era dichiarato neutrale, e per questo motivo non poteva essere attaccato, nemmeno indirettamente. In più, un’eventuale mossa dei servizi segreti avrebbe dovuto essere autorizzata dal Congresso statunitense. La CIA se ne infischiò, e nel 1955 istituì una missione operativa in Laos. L’obiettivo: minare le forze del Pathet Lao e impedire che ingrossassero le fila dei Vietcong. Come prima mossa, gli 007 americani formarono il proprio battaglione. Cercarono tra le zone montuose a sud della Cina e arruolarono circa 7000 guerriglieri di etnia hmong. Poi scelsero un capo, il generale Vang Pao, e li spedirono a due passi dal territorio controllato dal Pathet Lao, nella cosiddetta Piana delle Giare, dove… ci sono davvero tante giare giganti.
Game, set, match: “è fatta”, pensò la CIA. Eppure, le milizie del Pathet Lao non sembravano per nulla scalfite. Anzi, costrinsero gli statunitensi a ritirare anche gli aiuti forniti fino a quel momento alla Corona laotiana, cioè il cosiddetto governo legittimo. Ma com’è che facevano, questi comunisti? Si nascondevano forse nelle fitte foreste ai piedi di quella catena montuosa lunga 1000 km, la cosiddetta Catena Annamita, che casualmente segna un confine naturale tra Laos e Vietnam? Ebbene, già verso la fine del 1959, in questa zona guerriglieri laotiani e vietnamiti avevano iniziato a progettare il cosiddetto sentiero di Ho Chi Minh. Si trattava di una rete di percorsi, strade e avamposti che collegava di nascosto Vietnam del Sud – filostatunitense – e Vietnam del Nord tramite il Laos e la Cambogia.
In soldoni, il Pathet Lao garantiva approvvigionamenti e passaggio indisturbato ai Vietcong, mentre il governo di Hanoi forniva riparo, addestramento e aiuto logistico ai comunisti laotiani. Tuttavia, anche lo zio Sam disponeva di un asso nella manica: la Thailandia. Da lì, le truppe reali laotiane poterono essere addestrate a dovere. Nel mentre, la CIA si premurò di pattugliare le montagne a nord per molestare ogni hmong che incontrasse, convincerlo a entrare a far parte del suo esercito irregolare e spedirlo nella Piana delle Giare. Il perché di tutta questa apprensione è presto detto.
Come ben sappiamo, i virili americani si fidarono degli ancor più virili generali, e nel 1961 il presidente Dwight D. Eisenhower aveva allertato il Consiglio di sicurezza nazionale: “Se perdiamo il Laos, perderemo anche tutto il Sud Est Asiatico”. Eloquente abbastanza da impensierire anche i suoi successori alla Casa Bianca, JFK e Lyndon Johnson. Quell’effetto domino, in effetti, stava per avere luogo. Nonostante i 30 mila uomini a sua disposizione, il generale Vang Pao non era riuscito a fare granché, e nel 1964 il Pathet Lao aveva riconquistato la Piana delle Giare. Bisognava ricorrere alle maniere forti.
Il 2 agosto 1964, alcune motosiluranti nordvietnamite attaccarono un cacciatorpediniere statunitense al largo del Golfo del Tonchino, tra il Vietnam del Nord e l’isola cinese di Hainan. L’evento servì da pretesto a Johnson per ottenere dal riluttante Congresso l’autorizzazione a scendere in guerra contro il Vietnam del Nord di Ho Chi Minh. Ciò che non fu messo agli atti, però, è proprio la guerra segreta condotta ai danni del Laos, non dai marines, bensì dagli agenti della CIA.
All’ombra dell’opinione pubblica, nel dicembre dello stesso anno l’intelligence diede il via all’Operazione Barrel Roll. In soldoni: i guerriglieri hmong avrebbero continuato a combattere con il Pathet Lao, ma sarebbero stati riforniti dalla Air America, una linea area commerciale che, senza sorpresa, era una società di facciata della stessa CIA . Nel frattempo, i cacciabombardieri americani avrebbero dominato i cieli, attaccando obiettivi indicati chiaramente dall’ambasciata statunitense del Laos. Perché, ricordiamolo, il Laos era un paese neutrale, e bisognava fare tutto di nascosto.
I bombardamenti furono così intensi che le forze del Pathet Lao, che ammontavano a circa 20mila uomini, dovettero arretrare fino al confine con il Vietnam del Nord. Non bastava: occorreva distruggere anche il sentiero di Ho Chi Minh. A partire dal dicembre 1965, Air Force, US Navy, aerei sudvietnamiti e la forza aerea della Corona del Laos puntarono camion, rimorchi e strade del Pathet Lao. Tuttavia, l’intelligence si era lasciata sfuggire il fatto che la guerra non è un gioco da tavolo, e che due territori contigui, per di più alleati, possono collaborare.
Dal 1968, l’andazzo fu più o meno il seguente: Il Pathet Lao riprende la Piana delle Giare grazie ai Vietcong, la CIA colpisce i villaggi indifesi per ripicca, i comunisti arretrano, bombe a grappolo, altra avanzata. Ripeti. Più passavano gli anni, però, più fu chiaro che gli Stati Uniti stessero perdendo – per la prima volta nella loro storia – non una, ma ben due guerre: quella in Vietnam, e anche quella in Laos.
I bombardamenti cessarono nel febbraio del 1973. Due anni dopo, gli americani se ne andarono con la coda fra le gambe. Quel worst case scenario predetto da Eisenhower si era realizzato. Quando i Vietcong unificarono il Vietnam, il Pathet Lao dichiarò la nascita dell’odierna Repubblica Popolare Democratica del Laos.
La guerra segreta degli Stati Uniti e della CIA causò circa 200mila vittime tra civili e guerriglieri, un decimo dell’intera popolazione laotiana. La Piana delle Giare, considerato il territorio più bombardato al mondo, si trasformò da sito archeologico a paesaggio lunare. Nel 1960, gli abitanti di quest’area erano circa 150mila. Nel 1970, a rimanere furono solo in 9mila. Non bisogna stupirsi. La pioggia di fuoco non aveva ucciso unicamente migliaia di persone, ma anche interi ecosistemi. Come conseguenza, al termine della guerra civile ben 750 mila persone furono sfollate. Tra di loro non c’erano solo i contadini laotiani, ma anche l’esercito hmong e lo stesso generale Vang Pao, entrambi lasciati al proprio destino. In tutto ciò, le perdite americane ammonterebbero solamente a 728.
Non finisce qui. Ricordate quelle 80 milioni di bombe inesplose disseminate per il paese? Dagli anni ’70, circa 20mila laotiani sono rimasti uccisi dopo aver innescato inavvertitamente uno di questi esplosivi. Il 25% dei villaggi è circondato ancora da veri e propri campi minati. E per una popolazione che come principale attività pratica l’agricoltura, il rischio di mettere un piede nel punto sbagliato è ancora più alto. Quindici anni fa, il 37% delle terre destinate alla coltivazione pullulava di bombe. Se vi state chiedendo quanto tempo ci vorrà a rimuovere ogni pericolo, la risposta è 150 anni. Lo ha calcolato l’Unexploded Ordnance Programme – abbreviato in UXO – un progetto governativo istituito nel 1996 allo scopo di individuare le bombe, disinnescarle e così mettere in sicurezza le province più colpite dai bombardamenti della guerra segreta.
A dare vero risalto alla guerra segreta in Laos fu l’attivista Channapha Khamvongsa, che nel 2004 fondò l’organizzazione no-profit Legacies of War. Da bambina, Khamvongsa aveva vissuto sulla propria pelle i devastanti effetti del conflitto. Costretta con la famiglia a espatriare in Thailandia, fu infine ricollocata a Falls Creek, in Virginia. Nel 2003, dopo aver osservato vari disegni fatti dagli allora bambini laotiani che abitavano i villaggi della Piana delle Giare tra il 1970 e il 1971, Khamvongsa si decise a far sentire la propria voce. Grazie agli studi e all’impegno di questa donna e dei suoi collaboratori, gli Stati Uniti furono praticamente costretti a fornire aiuti annuali – seppur esigui – al governo laotiano per rimuovere gli ordigni inesplosi.
Le scuse più importanti da parte della Casa Bianca, però, sono arrivate unicamente nel 2016, quando in veste di presidente Barack Obama ha visitato il Laos e ha annunciato un incremento dei fondi annuali diretti al programma di smantellamento delle bombe per 90 milioni di dollari. Purtroppo, però, il presidente non cercava dei semplici applausi. Nel 2016 Obama non ha fatto visita unicamente al Laos, ma anche a Vietnam, Singapore, Malesia, Brunei e ad altre sette nazioni. L’obiettivo primario era quello di assicurarsi l’appoggio dell’ASEAN – l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico – in ottica anticinese. Oltretutto, sin dal lontano 1975 anche la Russia invia aiuti economici, militari e umanitari al governo del Laos. Dal 2019, ogni anno si tiene un’esercitazione militare congiunta: la LAROS, in cui le forze armate russe e laotiane si preparano a scenari di guerra e si impegnano – guarda caso – a disinnescare bombe.
Non sappiamo chi si assicurerà l’appoggio del Laos, in futuro. Tuttavia, tornando al Guinness World Records, siamo ancora sicuri che il responsabile del “most bombed country” sia “sconosciuto”? Chiaramente la guerra in Vietnam fa molto più scalpore, si presta come base per film, documentari e serie tv. A nessuno importa del silenzioso lontano Laos, né dei suoi vicini. E a voi?